Museo MADRE, Naples

MADRE MUSEUM | Via Settembrini 79
80139 Naples

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Dopo il successo della presentazione della celebre “Venere degli Stracci” di Michelangelo Pistoletto negli straordinari ambienti della chiesa gotica di Donnaregina Vecchia, il Museo MADRE di Napoli propone in collaborazione con la Fondazione Morra Greco, un progetto espositivo di Jimmie Durham.

Jimmie Durham è un Cherokee, nato in Arkansas (USA) nel 1940. È artista visivo, ma anche saggista e attivista politico dell’American Indian Movement. Dedito più al teatro e alla performance negli anni ‘60 e ’70, dagli ‘80 realizza anche strani oggetti, assemblage e installazioni che trovano la propria fonte maggiore nella sua cultura, che egli impiega per decostruire gli stereotipi e i pregiudizi della cultura occidentale. Per questo è già stato riconosciuto come uno dei protagonisti della corrente internazionale che ha nell’antropologia e nelle tematiche del cosiddetto postcolonialismo due momenti centrali di ispirazione e ha partecipato a diverse mostre internazionali come Documenta IX del 1992 e la 50. Biennale di Venezia. Le sue opere si presentano in primo luogo come attacchi ironici ma incisivi, alla base della cultura occidentale, ancora legata ad una struttura coloniale e analizzano in modo critico il rapporto tra la società e l'architettura, intesa come monumentalità. Ironico e sagace, il lavoro di Durham risponde, con il recupero dei materiali, allo scetticismo della cultura occidentale nei confronti delle credenze e dei modi di vita diversi: un tubo di plastica o un bastone non sono un serpente, ma possono averne la funzione. Per il progetto al MADRE, Durham presenta tre installazioni provenienti dalla Fondazione Morra Greco, tra cui un’inedita realizzata con cubi di cemento armato che creano un’immaginaria foresta in scala umana inaridita da una misteriosa pioggia acida. Delle altre due The "Petrified Forest" (2003) consiste in una sequenza di mobili ed altri oggetti di arredamento da ufficio, come fax e computer sui quali sono stati gettati pietre ed una pioggia, quasi un’eruzione lavica di cemento. Il pubblico può a mala pena districarsi tra questi angusti meandri con un senso di angoscia per una catastrofe avvenuta e al contempo di liberazione dall’alienazione della routine quotidiana del lavoro. In “Something (Perhaps a Fugue or an Elegy)” (2005), presentato alla Biennale di Venezia, invece l’assemblaggio orizzontale di oggetti apparentemente senza nessuna connessione tra loro da vita ad un enigmatico insieme totemico, quasi un contro-meccanismo criticamente aperto ad ogni interpretazione.

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Jimmie Durham